Trapani e ancora le Egadi
Trapani e ancora le Egadi
E’ il primo giorno di Agosto, l’unico mese dell’anno in cui potrei essere indeciso tra mare e montagna. Scendono Sandra, Alberto, Enza, resta Michela e arrivano Lino e Anna.
Lino e Anna non hanno le scarpe da barca, non capisco perché nonostante io sia così petulante sulla faccenda “scarpe da barca”, molte persone non mi prendano sul serio e non si rendano conto dell’importanza. Dico sempre a tutti: se andate in montagna, vi mettete scarpe con il tacco 12? Se giocate a tennis, mettete gli scarponi?
Facciamo un giro per la città e troviamo un negozio di sport. Lino le compra subito, Anna le comprerà dopo cena, lo farà controvoglia e poco convinta, sembra che mi stia facendo un favore, forse non coglie che lo faccio solo per ridurre il rischio di incidenti. Probabilmente vedono la crociera come una esperienza passiva, in cui non sono chiamati a collaborare, a muoversi sulla barca. Io invece chiedo a tutti di collaborare, cerco di chiarirlo bene prima di accettare l’imbarco.
Ceniamo da “Amici miei”, una pizzeria dedicata al cinema sul lungomare nord, molto economica e nonostante la folla del weekend, è anche ben organizzata. Dopo cena andiamo a prendere una granita da Colicchia. Le strade sono piene di gente, nei locali c’è ancora attenzione alle norme soprattutto al chiuso, ma la paura del Coronavirus sembra un lontano ricordo. Speriamo bene.
Molliamo gli ormeggi domenica mattina alle 9:00, costeggiamo verso sud cercando di vedere i mulini a vento nelle saline di Trapani, come desiderava Michela, ma rischiamo di finire sugli scogli nei bassi fondali davanti a Mochia. Sono davvero incosciente, prima o poi ci cascherò e la pagherò cara.
Facciamo rotta verso le Egadi ma ci prendiamo una sosta all’Isolotto di Formica con la sua vecchia tonnara.
L’isolotto è considerata la quarta isola delle Egadi, ma in realtà si tratta di un caso a parte. L’isola non è altro che un terreno privato acquistato anni fa dall’associazione “Mondo X” di Padre Eligio per l’organizzazione di comunità cristiane di recupero.
In passato il piccolo scoglio fu rifugio per moltissime popolazioni antiche come i Fenici, Greci, Cartaginesi, Romani, Normanni e Arabi; anche i Siciliani arrivarono in questo piccolo angolo di paradiso e vi costruirono una tonnara, poi però abbandonata nel tempo. Il luogo ha un fascino tutto particolare poiché calmo e quieto con queste costruzioni antichissime; è possibile visitarla solamente previo invito oppure con approvazione della direzione poiché tutta la nuova struttura dell’isola è dedicata all’accoglienza di uomini in difficoltà sociale e per lo più con problemi di tossicodipendenza. Nel caso in cui abbiate il consenso della direzione è comunque gradita la discrezione in modo tale da non turbare l’atmosfera e non ledere la privacy di chi abita nell’isola.
Questo secondo giro delle Egadi vogliamo farlo ripartendo da Marettimo, così dopo l’Isolotto di Formica ci spostiamo ancora verso Ovest e facciamo un’altra sosta a Cala del Passo nella parte Sud di Favignana, giusto per gustare un pranzo riparati dalle onde. Ripartiamo verso Marettimo nel primo pomeriggio ma senza riuscire a bolinare bene. Prima di passare nel mare aperto che divide Favignana e Marettimo, entriamo e diamo una sbirciata all’interno di una cala a forma di goccia, bellissima, sul lato Ovest dell’Isola che non a caso si chiama Cala Rotonda, nella zona del faro.
Arriviamo a Marettimo prima di sera e ormeggiamo al pontile galleggiante, stavolta non ho sbagliato prenotazione, ceniamo in barca e poi a passeggio per il paese. Risaliamo le stradine e troviamo un’ottima gelateria con vista verso il Molo Nord. E’ il “Caffè Tramontana”, credo che sia il posto migliore per gustare una granita la sera, ma anche per fare colazione la mattina o semplicemente per sorseggiare un caffè ammirando il panorama. In sostanza potrei starmene qui tutto il giorno con un buon libro da leggere in mano. Non sarebbe male fermarsi a Marettimo qualche giorno, credo sia un ambiente ideale per rilassarsi, l’atmosfera è particolare, sembra di vivere in un set cinematografico. La “fotografia” di scena è perfetta.
La notte si alza un vento molto forte e sono contento di essere al sicuro in un porto, posso dormire tranquillo facendo i conti solo con la mia spalla, ma almeno senza le antenne del cervello alzate come quando sei fuori in rada in balia degli eventi. La paura dell’ormeggio, dell’ancora che ara , delle barche vicine, degli scogli troppo vicini e di tutti quegli eventi che in notti come queste ti possono capitare, pensieri che non ti fanno dormire e che spesso ti costringono in pozzetto tutta la notte. Il vento continua a soffiare forte ma sono proprio le notti come queste che fanno capire fino in fondo la metafora del “porto” come rifugio, il porto come abbraccio materno, come protezione dai pericoli del mare aperto ma anche come posto dove rischiare di insabbiare la mente e il cuore, da dove non poter a vedere oltre il molo frangiflutti.
La mattina ci svegliamo con lo stesso vento che non ha mai smesso di soffiare. Una barca locale che organizza le escursioni subacquee sbanda per colpa di una raffica più forte delle altre e va a sbattere su un grosso gommone ormeggiato spaccando la calotta del motore. Nessuno si arrabbia più di tanto. Questa mattina i colori del cielo, del paese e dell’Isola sono ancora più saturi, il vento pulisce ogni cosa.
L’ormeggio a Marettimo è costato 130,00 euro, ormai è altissima stagione. Usciamo e ci fermiamo a Cala Marino al gavitello, c’è una spiaggia molto bella e siamo riparati. Qui passiamo una bella giornata di relax e divertimento, ma quando arriva la sera il Ponente aumenta e, come da copione, mi fa stare in dormiveglia tutta la notte.
Forse era meglio il campo boe più a nord, quello al Castello di Cala Maniuni, ma è andata bene lo stesso. La notte è magica, un’altra notte di luna e stelle che illumina la parete rocciosa e la sabbia bianca, il paesaggio e l’atmosfera sono carichi di energia e di pace.
Torniamo a Levanzo
E’ martedì 4 agosto, lasciamo Marettimo con l’idea di tornarci, uno dei tanti posti di questo viaggio che abbiamo visto troppo di fretta. Salpiamo da Cala Marino e sfruttiamo il Ponente che ormai è costante da tre giorni e facciamo rotta verso Levanzo.
Ci fermiamo per un bagno a Cala Fridda, sotto il cimitero di Levanzo, poi ci spostiamo prima di sera in una delle boe interne del porto gestite da Giovanni (3477274159) e Nicola (3397009070) della cooperativa ormeggiatori. Abbiamo pagato cinquanta euro, ma venti sono per l’iscrizione annuale alla cooperativa. Stasera abbiamo prenotato al ristorante “Paradiso”.
Scendiamo in paese per fare due passi e ho la bella sorpresa di incontrare Sergio un vecchio collega e amico. La sua compagna è di Levanzo e qui lui è di casa, conosce tutto e tutti. Da due anni qui è arrivata Miuccia Prada che ha comprato una grande casa. Ogni tanto la vedono girare per il paese, semplice ed essenziale, come nel suo stile. Tutti pensavano che avrebbe stravolto le cose invece è molto discreta, ma non isolata. Anche Sergio conferma che il ristorante “Paradiso” è ottimo ma ci segnala anche un altro locale all’interno gestito da due ragazzi giovani, simpatici e molto bravi in cucina.
Perdiamo la gita alla Grotta del Genovese che dovevamo fotografare per Enza. Peccato sarebbe piaciuto anche a noi. Per la visita comunque conviene partire proprio dal paese con la jeep dell’associazione omonima di cui ho già parlato.