PALERMO USTICA E LE EOLIE

Una comunista bolognese e tre palestrati

E’ domenica 9 agosto e arrivano i nuovi ospiti: Tommaso, Alberto, il fotografo videomaker palestrato, Gianluigi il fighetto napoletano, anche lui palestrato. Tanti attributi e giudizi dati di istinto e poi ripensati e riequilibrati alla luce di sette giorni passati insieme piacevolmente, cogliendo sfumature, pregi e grandi qualità di tutti.
C’è anche Alessandra, la femminista di Bologna, iscritta alla FGCI, militante del Movimento Studentesco degli anni 70, ma soprattutto esperta di prevenzione contro le malattie sessuali, ex presidente dell’associazione LILA. Ma che oggi lavora come responsabile delle risorse umane in un’azienda che fabbrica macchine per sigarette. “Palestrati”, “fighetti”, “comunista”, attributi dati con voluta superficialità e ironia ma in realtà persone stupende, colte, brillanti e di valore.

Ustica

E’ lunedì 10 agosto, molliamo gli ormeggi e dopo aver fatto rifornimento (31 litri) facciamo rotta verso Ustica, il mare è molto calmo, c’è un’alta pressione che ci accompagnerà nei prossimi giorni, poca vela, tanto motore ma anche un mare da sogno.
Arriviamo a Ustica alle 18:00, cerco di spingere per non arrivare tardi, sono in contatto con l’ormeggiatore, ma non è semplice trovare posto. Inizia la parte più preoccupante del nostro viaggio, Ustica, ma soprattutto le Eolie dove arriveremo domani con i loro fondali difficili.
Ustica non offre ripari di alcun genere, solo nel porto e nelle sue vicinanze. Devo sbrigarmi perché non si può prenotare, chi prima arriva meglio ormeggia. Le barche stanno rientrando così come stanno arrivando tutti quelli in cerca di un posto al transito. Chiamo anche la Capitaneria per chiedere l’autorizzazione all’ormeggio perché solo dopo la loro autorizzazione si può chiedere disponibilità agli ormeggiatori. Riusciamo a metterci nella parte esterna del molo, in un angolino, entriamo di poppa e ormeggiamo all’inglese avendo davanti un mega yacht, a destra la banchina principale e dietro la banchina dove approderà domani mattina il traghetto. Manovra difficile ma ben fatta con i complimenti degli ormeggiatori che mandano il mio ego alle stelle. Oppure è una sviolinata per la mancia? No, davvero ormeggio perfetto nonostante il vento e la risacca causata dal continuo passaggio delle imbarcazioni che finirà solo in serata.
Dopo una mezz’ora arriva un’altra barca a vela che tenta ripetutamente di ormeggiare al nostro fianco sinistro ben distanti da noi per evitare di chiuderci nell’angolo. Riprova diverse volte, usando l’elica di prua in modo esagerato, alla fine tocca, senza grandi danni, il mega yacht davanti a noi e sfiorando la nostra Thien Hau per un pelo. Finalmente dopo diversi tentativi, il comandante riesce ad ormeggiare e dopo essersi calmato, scende a terra passando prima da me, poi dal comandante dello yacht per scusarsi e chiedere di eventuali danni. Complimenti per l’educazione e il fair play ma fossi in lui andrei a fare un buon corso ormeggi.
C’è una bella luce subacquea che mi fa fare una foto splendida di Thien Hau sospesa sull’acqua, la postiamo su Facebook e riceve una marea di “like”.

Passeggiamo per il paese e i ricordi vanno alla bella vacanza con Roberto e Beatrice (“can you tell me where”….) ma soprattutto quella con i nostri ragazzi e le fidanzate di quei tempi, i giri in motorino, le case isolate, le bellissime immersioni.
Con Alessandra e Loredana ordiniamo arancini e una buona granita ai gelsi e mandorla nel bar al centro dove venivamo sempre a concludere le nostre giornate di mare.
L’ormeggiatore è stato gentilissimo, lo chiamo per dirgli che probabilmente domani mattina partiremo molto presto e che non so come pagare. La risposta è bellissima, dice: “non fa niente, sarà per la prossima volta…..”.
Visto che insisto mi dice di lasciare una mancia nella cassetta postale dell’ufficio degli ormeggiatori.
Finiamo la serata sdraiati a prua a parlare di cazzate e a guardare le stelle cadenti.

Per quelli della mia generazione Ustica è sempre stata la tragedia delle 81 vite spezzate alle 20:59 del 27 giugno 1980, esattamente 40 anni fa: “un danno collaterale di una guerra non dichiarata”.
Dal Corriere della sera: un contadino, un’assistente universitaria, un’avvocatessa, bambini e adolescenti, un commerciante di carni, una laureanda in Lingue, una prof, due carabinieri, un finanziere, un poliziotto, un giudice con moglie e figli, la moglie di un minatore con i tre bimbi piccoli e la sorella, vacanzieri, pazienti di rientro da ospedali del Nord Italia ma anche impiegati del Ministero delle Finanze. Una ragazzina undicenne, con i genitori separati, che mette una bella pagella in valigia ma non la potrà mai mostrare con orgoglio al padre che l’attendeva a Palermo. Una straordinaria normalità squarciata, per sempre, da un’esplosione, dei corpi, solo 39 furono ritrovati.

Un calvario giudiziario segnato da insabbiamenti, reticenze, opacità oltre che, nei primi anni, dall’indifferenza della politica.
Quelle 81 persone sono morte due volte perché la strage di Ustica rimane ancora oggi senza colpevoli: si concluse con l’assoluzione il processo a quattro generali dell’Aeronautica militare accusati di alto tradimento per «aver impedito, tramite la comunicazione di informazione errate, la distruzione di prove, la sparizione di documenti, l’esercizio delle funzioni del governo».

Ustica, così come Lipari, le Tremiti, Ventotene e altre isole splendide dei nostri mari, sono state terra di confino per prigionieri politici, qui vennero tenuti Antonio Gramsci e Ferruccio Parri, a Lipari furono tenuti Emilio Lussu, Franco Nitti e i fratelli Rosselli, a Ventotene Sandro Pertini, Giorgio Amendola, Altiero Spinelli, Antonio Rossi e tanti altri. Si può serenamente affermare che queste isole furono la culla della nostra democrazia e liberazione, basti pensare al “Manifesto di Ventotene” nel quale Altiero Spinelli e Antonio Rossi nel 1941 gettarono le basi dell’Unione Europea.

A Ustica il confino fu abolito nel 1961 grazie alle proteste popolari ed ebbe inizio lo sviluppo turistico, qui legato soprattutto alla subacquea.
Ustica è stata per noi ragazzi appassionati di mare, l’isola con la prima riserva marina subacquea, l’isola dell’Università del Mare (poi chiusa per mancanza di fondi), l’isola con i punti di immersione più belli nel Mediterraneo, l’isola della Rassegna Annuale delle Attività subacquee quando, una volta l’anno, diventava capitale del turismo naturalistico, archeologico, gastronomico e cinematografico. Un salto all’indietro, agli anni Sessanta/settanta, quando Ustica, la “tartaruga” del Mediterraneo, divenne famosa anche grazie ai grandi campioni del mare, Jacques Mayol, Enzo Maiorca, Jacques Cousteau: i miei eroi sportivi di gioventù. C’era chi tifava Milan, Lazio, Roma, io tifavo Maiorca e Mayol. Il primo era un grande atleta, fisico potente, interpretava il tuffo nel blu con la potenza della sua forza fisica oltre che della sua capacità di concentrazione. Il secondo era più minuto, fu il primo a introdurre nell’apnea le tecniche di rilassamento e respirazione Yoga, del Pranayama, quelle che ormai si insegnano in tutti i corsi avanzati di apnea.

Pellizzari era un allievo di Mayol e il suo principale interprete. Il film francese “Le Grand Bleu” non rese giustizia alla grandezza del nostro Maiorca, lo dipinse come un presuntuoso arrogante e per anni Maiorca ne impedì l’uscita nelle sale cinematografiche italiane: «un condensato di modi e di vizi che la peggior tradizione straniera attribuisce all’uomo italiano: insolenza, arroganza, complesso di superiorità, gallismo, aria di sufficienza, sciovinismo…».

La versione del 2002 fu tagliata di 15 minuti rispetto a quella originale, ottenendo il consenso di Maiorca. Enzo Maiorca aveva ragione a difendere la sua immagine, ci sarebbe voluta una narrazione alternativa al film di Luc Besson ma non c’era. Amo comunque quel film tant’è che il mio gruppo e la pagina Facebook si chiamano proprio ….” Le grand bleu…”

DANCING WITH THE MOONLIGHT KNIGHT

“Can you tell me where my country lies?”
Said the uni faun to his true love’s eyes
“It lies with me!” cried the Queen of Maybe
For her merchandise, he traded in his prize
“Paper late!” cried a voice in the crowd
“Old man dies!” The note he left was signed ‘Old Father Thames’
It seems he’s drowned
Selling england by the pound

Citizens of Hope & Glory,
Time goes by, it’s “the time of your life”
Easy now, sit you down
Chewing through your Wimpey dreams,
They eat without a sound
Digesting England by the pound

……..

Genesis

“Sai dirmi dove si trova la mia patria?”
Disse il fauno in uniforme agli occhi del suo vero amore
“Sta con me!” gridò la Regina del Forse
Per la sua mercanzia, lui trattò il prezzo
“Ultime notizie!” gridò una voce nella folla
“I vecchi uomini muoiono!” la nota che lasciò era firmata “Vecchio Padre Tamigi”
Sembra che sia annegato
Vendendo l’Inghilterra un tanto al chilo

Cittadini di Speranza e Gloria
Il tempo passa, è il “tempo della tua vita”
Calma ora, siediti giù
Mastica i tuoi sogni di Wimpey
Loro mangiano senza far rumore
Digerendo l’Inghilterra un tanto al chilo

……..

 

Si parte all’alba, rotta sulle Eolie, incontro con i delfini e le tartarughe

Partiamo alle 6:30 da Ustica, è martedì 11 agosto e c’è un’alba bellissima, questa di Ustica è stata una tappa frettolosa, forse solo simbolica ma che comunque ha fatto riemergere bellissimi ricordi. Non siamo passati per la parte nord dell’Isola, dove c’è lo Scoglio del Medico, la secca, la bellissima Grotta dei Gamberi e tutti i punti dove negli anni ho fatto decine di immersioni, ma ci torneremo, presto.
Ci allontaniamo scivolando sulla superficie dell’acqua, il mare è piatto e liscio come olio, non se ne parla di aprire le vele, andiamo a motore e vorrei tanto averne uno elettrico potente abbastanza da sostituire il 75 CV diesel. In queste situazioni il silenzio sarebbe d’oro e invece, in mancanza di vento, siamo costretti a rovinare tutto accendendo il motore.
La distanza da Ustica a Filicudi è di circa 130 miglia da fare in una giornata e non vorrei arrivare tardi. Ci sono Andrea e Camilla che ci aspettano, non vedo Andrea da quasi due mesi e mi manca!
Dopo il lockdown è stata una corsa continua per recuperare il tempo perduto ma non voglio vivere il viaggio con il tempo che fa da tiranno.
Avvistiamo un branco numerosissimo di delfini, Alberto fa partire il drone, fa delle riprese stupende. Avvistiamo anche delle tartarughe e sempre Alberto si tuffa per nuotare con loro. Riesce a montare un video molto bello con i delfini e le tartarughe. Vorrei che ci fosse Michele per vedere questo spettacolo. Il video sarà il più bello di tutta la crociera. Il mare continua ad essere un’enorme distesa deserta, senza nulla in tutte le direzioni, a mezzogiorno intravediamo una vela all’orizzonte ma anche loro vanno a motore con la randa alzata per stabilizzare l’andatura ma anche per avere più ombra in coperta. Altri delfini nuotano vicinissimi alla barca, il mare fermo ce li fa osservare ancora meglio, è fantastico.
Quando si incontrano i cetacei le emozioni sono molto forti, è successo molte volte e ogni volta l’emozione è la stessa. E’ necessario però seguire alcune regole e non dimenticare mai che sono protetti dalla legge ma soprattutto che siamo ospiti in un ambiente che non è il nostro. Il seguente “codice di comportamento” è tratto dal sito del FAI dedicato ai cetacei:

DISTANZA TRA LA BARCA E GLI ANIMALI MARINI
A 300 m di distanza: non avvicinarsi dal davanti – non avvicinarsi da dietro
A 100 m di distanza: Non avvicinarsi, fermare la barca, ma mantenendo il motore in folle o meglio ancora spegnerlo.
ROTTA E VELOCITÀ
mantenere una rotta parallela a quella degli animali
tenere la velocità dell’animale più lento, e in ogni caso non superare i 5 nodi
Attenzione: oltre a quelli in vista, altri animali possono trovarsi nelle vicinanze e potrebbero non essere visibili alla superficie
… E INOLTRE
spegnere eco-scandagli e fishfinder
non separare mai degli animali dal gruppo
Una sola barca può trovarsi nella fascia dei 300 m; lasciare il posto ad altre imbarcazioni eventualmente in attesa dopo 15 minuti
E SE SI AVVICINANO LORO?
Se seguite scrupolosamente le regole e quindi gli animali non percepiscono la barca come un disturbo o una minaccia, possono essere loro ad avvicinarsi. In questo caso:
non tentare di toccarli in alcun modo, né con le mani, né con oggetti
Non gettare loro cibo
Non entrare in acqua
DELFINI A PRUA!
Non puntare mai verso il gruppo con l’intenzione di far venire i delfini alla prua. Se sono rilassati e si sentono sicuro lo faranno di loro iniziativa

Ci fermiamo in mezzo al nulla, con il mare fermo come uno specchio, sotto la barca abbiamo più di duemila metri di profondità, è una sensazione incredibile. Fermi in una solitudine totale e beata. Facciamo un bagno rinfrescante e pranziamo, restando così, alla deriva.
Passiamo Alicudi e anche stavolta ho paura che non riusciremo a vedere la più isolata delle isole, arriviamo alla Canna di Filicudi e diamo fondo per un bagno davanti alla grotta del Bue Marino sul lato Ovest dell’Isola. Meglio farci un bel bagno prima di arrivare a Filicudi porto sul lato Est, dove arriviamo alle 19:00. Passando davanti Pecorini e alla spiaggia di le Punte vediamo Andrea e Camilla che salutiamo da lontano, mi batte il cuore, sono emozionatissimo. Ci vedremo tra un po’ dall’altra parte e non vedo l’ora di abbracciarli.
L’ormeggio è sui pontili galleggianti che sono senza corrente e con un solo tubo per l’acqua da usare a turno fra le varie barche. L’ormeggiatore si chiama Francesco (328 655 9228), il costo per una notte è di dieci euro al metro. E’ veramente caro soprattutto in relazione al tipo di servizio e poi c’è tanto spazio per ormeggiare in rada. Se non serve l’acqua o se avete il dissalatore non conviene ormeggiare al pontile. Per scendere a terra si può andare direttamente alla spiaggia con il tender.
Alberto, Gianluigi e Tommaso vanno a terra in cerca di locali e vita mondana, sanno che Filicudi è un posto particolarmente “tranquillo”, poco votato alla vita mondana, ma non si scoraggiano.
Noi invitiamo a cena Alessandra, insieme ad Andrea e Camilla, al ristorante del porto. E’ l’unico ristorante oltre a quello dell’albergo. Chi è stato a Filicudi sa bene che non c’è illuminazione e che l’atmosfera è molto particolare. L’ultima volta eravamo stati a Pecorini che è leggermente più movimentata di questo versante, anche se è qui che arriva il traghetto. Qui facemmo una bella vacanza con Riccardo e i ragazzi, mi ricordo le lunghe camminate, le nuotate e le dormite all’aperto sotto il patio della casa che avevamo preso in affitto. L’avevamo presa credendo che fosse più grande e solo all’arrivo ci accorgemmo che dal conto delle persone che eravamo, mancava una stanza. Così io e Riccardo dormivamo all’aperto nel grande patio sotto il pergolato. Chiacchierate tutta la notte, con la gente che passava nel viottolo e che ci guardava stupita, chiacchiere infinite sulla vita, sul mondo, sui viaggi, sui nostri sogni, dolori, delusioni e amori.

Filicudi con Andrea e Camilla

E’ mercoledì 12 agosto e abbiamo appuntamento alle 9:30 con Andrea e Camilla che passeranno la giornata in barca con noi. Ormeggiamo in una bella baia che incontriamo vicino allo Scoglio Giafante nella parte nord dell’Isola.
Facciamo una lunga nuotata con i ragazzi e Alessandra.
Nel primo pomeriggio succede una cosa che non dovrebbe mai succedere ad uno skipper che si rispetti, soprattutto ad uno rompiscatole come me. Faccio una brutta scivolata per colpa dei piedi bagnati, precipito nella dinette e sbatto la testa, il gomito, ma soprattutto il piede che si gonfia. Mi porterò dietro il dolore per parecchio tempo. Adesso devo mettere il ghiaccio sia alla spalla che al piede. Pessima scena agli occhi di Andrea, Camilla e di tutti gli altri, proprio io che predico sempre la prudenza nei movimenti in barca.
Lasciamo Andrea e Camilla al molo di attracco del traghetto, li saluto e li vedo che ci salutano dalla banchina, avrei preferito tenerli ancora con me.
Facciamo rotta su Lipari, andiamo a vela, passiamo davanti ad Acquacalda poi ci fermiamo alla Spiaggia Bianca sotto le cave di pomice, la “pomiciaia”. Qui incontro Giuseppe con la fidanzata, che soffre il mal di mare ed è “giusta” per lui proprio perché non riesce a restare in barca per più di una settimana.
Ci accordiamo per passare la notte all’esterno di Marina Corta. Qui siamo vicini al paese, credo sia il posto più bello per visitare Lipari paese, ma è difficile ormeggiare, è pieno di barche ed io sono allergico a dare fondo in più di 15 metri. Riesco a trovare un posticino con 10 metri di fondo e a ormeggiare magicamente in mezzo ad altre due barche.
Sbarchiamo a terra con il servizio tender gestito da un ragazzino che per dieci euro ti porta a terra e poi di nuovo alla barca ma solo fino all’una di notte, poi si dà il cambio con un adulto. Ci dividiamo in due gruppi, Alessandra è con noi, ovviamente. Non lascio mai la barca incustodita ma stasera non avevo scelta, non dovrebbero esserci cambi di vento e tutto sembra tranquillo. Speriamo bene.
Lipari è piena di gente, i vicoli sono affollatissimi e sono tutti senza mascherine. Riusciamo a conquistare un tavolo per noi tre alla pasticceria Suppa, la granita è buona ma il resto è sotto le aspettative. Qui ci raggiungono prima Giuseppe e la sua compagna, poi i tre ragazzi. Lipari è bellissima ma ad agosto è meglio starne lontani. Alberto è riuscito comunque a fare una mezza conquista, raccontano come sempre le dinamiche di avvistamento e di avvicinamento (leggi rimorchio) e ridiamo da matti.
Tutte le sere Alessandra tiene banco sulle cose della vita, la sua è stata davvero ricca, ha vissuto in Brasile in una casa sperduta non so dove, con il suo compagno avevano comprato e vissuto anche in barca. Come presidente di un’associazione per la difesa dalle malattie sessuali racconta aneddoti spassosissimi. I tre ragazzi restano incantanti dalla spregiudicatezza dei suoi racconti, dispensa consigli con ironia sul sesso, sulle sfaccettature delle diverse tendenze, i gusti, le classificazioni tra gay, lesbo, trans, trav, e decine di altre sigle difficili da ricordare. E’ un fiume in piena, e sull’argomento è una vera enciclopedia.

La migliore granita delle Eolie

E’ venerdì 14 agosto, facciamo rotta verso Salina e diamo fondo nella baia vicino Lingua, nei pressi del mitico Alfredo: la miglior granita delle Eolie. Pochi sanno che Alfredo non è siciliano ma è di origini Viterbesi. Negli anni 80 il figlio rilevò una stazione di benzina sull’Isola e lui aprì un locale di pizza al taglio, cosa del tutto sconosciuta a Salina e comunque poco diffusa in Sicilia. Il successo fu notevole, ma ancora di più la svolta dolciaria verso le granite, davvero eccezionali.
Salina è la seconda più grande isola dell’arcipelago delle Eolie, possiede un fascino poetico che ammalia chiunque vi approdi. La sua natura rigogliosa, dovuta alle numerose sorgenti di acqua dolce che hanno fatto di questa terra la più verde di tutto l’arcipelago.
È famosa per la Riserva Naturale che occupa oltre la metà del territorio ed è raggiungibile seguendo suggestivi itinerari naturalistici adatti a chi voglia godere di un incantevole panorama su tutte le vicine Isole.
A Salina ci sono addirittura tre comuni: Malfa, Santa Marina e Leni.
Gli approdi di navi e aliscafi sono due, Santa Marina che è anche il porto turistico dell’isola e il porticciolo di Rinella.
Il più alto dei due monti di Salina, il Monte Fossa delle Felci 962 mt, ospita nel cono un bellissimo bosco di Felci, mentre il Monte Porri 860 mt, è la dimora del Falco della Regina. La durata della scalta è di circa 2 h a piedi e la via più consigliata è dal Santuario della Madonna del Terzito a Valdichiesa.
Alberto, Tommaso e Gian scendono a terra con il tender e vanno in paese per fare colazione da Alfredo. Si fermano parecchio tempo, sposto la barca vicino alla spiaggia del faro per recuperarli. Quando scenderò anch’io, la settimana successiva, capirò finalmente il perché di tanto ritardo.
Facciamo il giro dell’isola, passiamo per Pollara piena di barche all’inverosimile, poi facciamo rotta su Panarea, arriviamo a Cala Zimmari anzi più precisamente Cala del Morto…. Chissà perché la chiamano così. E’ davvero pieno e non so dove dare fondo, alla fine mi intrufolo e riesco ad ancorare vicino alla spiaggetta ma siamo molto vicini alle altre barche. Cala del Morto è proprio a ridosso di Cala Junco, sotto il costone bianco dove passa in alto il sentiero per il parco archeologico. Mi viene la malaugurata idea di mettere una seconda ancora a poppa (ricordate che detesto chi mette una seconda ancora a poppa in rada??). Mi pento subito e sto per ritirarla quando la barca a vela che stava più all’interno della baia decide di salpare e cercare un altro posto perché ha visto la mia doppia e non vuole correre il rischio di “non ruotare insieme”. Inutile dirgli che la stavo togliendo, hanno ragione ma sembrano piuttosto permalosi.
Comunque qui è bellissimo. Alberto, Tommaso e Gian scendono a terra con il tender e vanno a visitare il sito e a vedere il panorama di Cala Junco.
Alessandra, Loredana ed io restiamo in barca.
La sera chiamano “Saverio”, quello che porta le persone in paese (347 0171636). Rientrano tardi e io, che mi ero addormentato in pozzetto, vengo svegliato dal piccolo gozzo che si accosta in piena notte e da loro che mi chiedono i contanti per pagare. C’è stato un equivoco sul costo pattuito, con gli 80,00 euro che Saverio gli ha chiesto saremmo stati alla boa davanti al paese.
Sabato è Ferragosto e facciamo rotta verso Milazzo, Gianluigi fa il bucato con il sapone senza sciacquare, tra gli sguardi sbalorditi e le risate di Loredana ed Alessandra, è evidente che non ha mai lavato una mutanda in vita sua. Arriviamo a Milazzo con una bella veleggiata. Tommaso, Alberto e Gianluigi, hanno colto le tecniche basilari della navigazione a vela ma soprattutto lo spirito, hanno percepito il vento, le correnti e di questo sono davvero contento. Tommaso in particolare ha scoperto anche di essere un talento della subacquea, poche volte ho visto persone che alla prima immersione riescono a fare come lui. Gli esercizi alla catena dell’ancora li ha fatti in totale scioltezza, è bravissimo e spero che si iscriva ad un corso di Apnea Academy. Hanno anche animato le serate gestendo la playlist a bordo e stupendoci per la conoscenza approfondita della canzone d’autore italiana, davvero sorprendente per la loro età.
La sera ceniamo tutti insieme alla Chinta una pizzeria nella zona pedonale di Milazzo. La mattina dopo Alberto sbarca molto presto, all’alba, mentre dormiamo tutti e mi dispiace non averlo salutato.

IO VORREI…NON VORREI… MA SE VUOI
Dove vai quando poi resti sola?
Il ricordo, come sai, non consola
Quando lei se ne andò, per esempio
Trasformai la mia casa in un tempio
E da allora solo oggi non farnetico più
A guarirmi chi fu
Ho paura a dirti che sei tu
Ora noi siamo già più vicini
Io vorrei, non vorrei, ma se vuoi
Come può uno scoglio
Arginare il mare
Anche se non voglio
Torno già a volare
Le distese azzurre
E le verdi terre
Le discese ardite
E le risalite
Su nel cielo aperto
E poi giù il deserto
E poi ancora in alto
Con un grande salto

Mogol Battisti

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